La germinazione asimbiotica del Cypripedium calceolus L.

© Gianantonio Torelli – lug 1998

Argomenti

• Premessa
• L’impollinazione
• Raccolta della capsula
• Terreno di coltura
• Come preparare il substrato
• Semina
• Germinazione
• Sviluppo dei protocormi
• Coltura di seedling

Premessa

Il Cypripedium calceolus, la “scarpetta della madonna” dei nostri montanari, è probabilmente il fiore spontaneo più bello d’Italia, e per questo è uno dei fiori più minacciati d’estinzione. In molte aree, ove era descritto essere stato abbondante nel secolo scorso, ora è scomparso. In altre, sopravvive a stento. Ad esempio nel Parco Nazionale degli Abruzzi rimane una piccola colonia, che mi dicono essere esposta a grave rischio, in quanto sita vicino ad un sentiero.

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Cypripedium calceolus nell’habitat.

Dal 1987 mi sono interessato allo studio della sua ecologia ed al modo di riprodurlo artificialmente, nella speranza di poterlo reintrodurre laddove, per colpa dell’uomo, é scomparso. Progetti analoghi sono stati compiti in altre nazioni, come l’Inghilterra, in cui il Kew Garden, con ben altri mezzi dei miei, si è occupato della sua riproduzione artificiale.

Negli anni passati ho pubblicato le seguenti osservazioni, frutto di studi personali:
L’impollinazione naturale è scarsissima, meno del 3 %; questo è dovuto alla difficoltà dell’impollinazione stessa (il labello è una trappola molto… efficace! e non tutti gli insetti sono esperti di free climbing…), alla rarità dell’insetto impollinatore nelle elevate quote in cui cresce il Cypripedium calceolus ed alla mancanza di nettare nel fiore (che quindi non ripaga in termini di cibo l’insetto impollinatore, e questo fatto lo scoraggia a visitare altri fiori della stessa specie). Questa bassissima impollinazione quindi comporta una scarsissima produzione di capsule.
L’impollinazione manuale invece porta ad un’elevata produzione di capsule, ricchissime di semi fertili (una capsula contiene oltre 20.000 semi, come dimostrato insieme all’amico Patrizio De Priori). Questo è un primo, semplice ed efficace metodo per ottenere un elevato numero di piantine nelle vicinanze della pianta-madre. Da qui possiamo quindi trasferire alcune di queste piantine in altri siti da ricolonizzare. Occorre però aspettare diversi anni per avere delle piantine pronte per il trapianto.
Tra i primi nel mondo, nel 1989 ho messo a punto un terreno di semina asimbiotica, chiamato “G.T”, che garantiva un discreta germinazione. Si trattava di un terreno a scarso contenuto di azoto nitrico, al cui posto venivano usati alcuni aminoacidi.
Sempre nel 1989 avevo dimostrato che si otteneva un buona germinazione solo se si usavano semi immaturi, che non avevano cioè ancora sviluppato il fattore di inibizione nell’involucro del seme. Questa scoperta è stata davvero fondamentale ed ha permesso di arrivare con relativa facilità alla germinazione asimbiotica del C. calceolus.
Questo fattore di inibizione, utile in natura per impedire una intempestiva quanto inutile germinazione fuori stagione, è un grossissimo limite alla germinazione in laboratorio, e nelCypripedium calceolus non viene annullato esponendo il seme al freddo per alcuni mesi, come invece succede per alcuni Cypripedium americani, come il Cypripedium reginae. Anche l’esposizione del seme maturo ad acidi, che distruggono questo fattore in altri Cypripedium, e quindi permettono la loro germinazione, non è molto efficace nel Cypripedium calceolus. Si tratta quindi del Cypripedium più ostico a germinare in modo asimbiotico. E l’esserne riuscito ad ottenere una ottima germinazione, replicabile anno dopo anno, dà quindi ancor più soddisfazione.

Sono passati nel frattempo diversi anni, e, anche grazie al contributo di diversi amici, in particolare Svante Malmgren e Marylin Light, ho ulteriormente affinato queste metodiche con ottimi risultati per quanto riguarda la germinabilità del Cypripedium calceolus. Ritengo quindi sia giunto il momento di diffondere questi miei risultati, affinché questi dati possano essere di aiuto a tutti coloro che volessero cimentarsi nella riproduzione di questa difficilissima specie.

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Habitat.

L’impollinazione

Come detto prima, per procurarsi capsule in modo sicuro ed abbondante, bisogna ricorrere all’impollinazione manuale. Quando il fiore si è aperto, con uno stuzzicadenti si trasporta il materiale pollinico sullo stigma della stessa pianta. Di norma è sufficiente un solo pollinia; se si vuole abbondare, si possono utilizzare tutti e due i pollinia.

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Si vedono i pollinia e lo stigma su cui vanno posti.

La scarsissima variabilità genetica da me osservata studiando migliaia di fiori di Cypripedium calceolus, dimostra che il patrimonio genetico è molto omogeneo, e che la sua riproduzione non richiede incroci tra cloni diversi. Infatti il Cypripedium calceolus tenta a moltiplicarsi per via vegetativa, ampliando negli anni la colonia col proprio rizoma, e anche quando raramente avviene l’impollinazione naturale, questa avviene di fatto nell’ambito della stessa colonia, per cui si tratta pur sempre di uno stesso clone. La pianta è quindi perfettamente fertile per self. In laboratorio non ho trovato infatti nessuna differenza di germinabilità tra i semi prodotti per self e quelli prodotti utilizzando fiori provenienti da colonie molto distanti tra loro.
Consiglio di impollinare fiori giovani, perché più il fiore é vecchio meno risulta efficace l’impollinazione.

Raccolta della capsula

L’epoca ottimale di raccolta della capsula è intorno all’ottava settimana (50-56 giorni) dall’impollinazione, che corrisponde a circa metà del processo maturativo della capsula. Naturalmente la velocità di maturazione della capsula può variare in base alle condizioni atmosferiche ed in base all’altitudine della colonia. Nella stessa valle, a circa 1300-1400 mt, dopo 8-9 settimane dall’impollinazione, avvenuta nello stesso giorno, ho potuto riscontrare che i semi delle piante site più in basso erano molto più maturi rispetto ai semi di piante situate a circa 60 metri più in alto (e questi ultimi sono germinati molto meglio…). Più bassa è la quota in cui crescono le piante, minore è l’escursione termica tra giorno e notte, e questo porta ad una più rapida maturazione della capsula; in questo caso è meglio raccogliere le capsule dopo 7 settimane dall’impollinazione.

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Capsula pronta per essere raccolta.

Bisogna comunque monitorare con attenzione le capsule, che dovrebbero essere pronte quando non si allargano più in senso trasversale; questo avviene di solito intorno alla 7°-8° settimana. Comunque è meglio raccoglierle un po’ prima che dopo!
Dato molto importante: i semi devono essere assolutamente bianchi, senza alcun segno di ingrigimento. Se sono grigi, ahimè, non germinano più!!! Dovrebbero però essere già sufficientemente maturi da poter essere staccati facilmente dalla placenta con la punta di un bisturi. Se restano attaccati alla placenta, significa che sono troppo immaturi e quindi non germinano.

Nella stessa capsula la maturazione inizia prima dalla parte apicale, ove inizia per prima la fecondazione degli ovuli, per cui, aprendo la capsula, possiamo trovare che i semi nella parte apicale sono un po’ più scuri di quelli siti nella parte basale; quindi questi ultimi possono germinare meglio.
Diversamente dalle capsule di altri generi (CephalanteraEpipactis, etc) le capsule diCypripedium calceolus sono molto robuste, ed a questo periodo di maturazione non presentano le tipiche, invisibili fessurazioni che molto presto si formano nelle orchidee sopra menzionate, fessurazioni che portano ad un facile inquinamento delle beute di semina; le possiamo quindi sterilizzare con ACE concentrato, ad es. 1:2, senza pericolo che l’ACE stesso penetri all’interno della capsula, danneggiando i semi.

Terreno di coltura

Ho dimostrato ampiamente nel passato che terreni troppo ricchi di minerali pregiudicano la germinabilità del Cypripedium calceolus, che richiede invece terreni molto “poveri”. I terreni preparati secondo le classiche formule di KnudsonErnstMurashige etc. risultavano infatti troppo ricchi di azoto ammoniacale e nitrico. Il Phytamax (prodotto dalla Sigma), ottimo terreno per la semina di orchidee tropicali, usato tale e quale non dava alcuna germinazione, mentre ottenevo una certa germinabilità utilizzandolo diluito ad 1/4. Il mio terreno GT del 1989 conteneva 130 mg/l di ammonio nitrato, con l’integrazione di aminoacidi (Aminozim) per fornire altro azoto. Idea geniale, confermata negli anni successivi da altri ricercatori. Ho poi tolto del tutto l’ammonio nitrato, lasciando solo gli aminoacidi, con ottimi risultati. Ero arrivato quindi alle stesse conclusioni del dottor Svante Malmgren, il quale nel 1992 pubblicava suMicropopagation News, Bot. Garden Kew il suo terreno, ora noto come “formula di Malmgren“, molto simile al mio.
Una integrazione che si è rivelata utile é stata l’aggiunta di succo di ananas al terreno.
Come ormoni, ho trovato utile solo la kinetina, che risulta soprattutto utile nel terreno di ripicchettaggio, mentre potrebbe anche essere omessa nel terreno di semina.
Dopo un fitto scambio di informazioni col dottor Svante Malmgren e tanti esperimenti, il substrato per la semina che mi ha dato i migliori risultati è il seguente:
formula Malmgren, modificata

potassio fosfato monobasico KH2PO4 75 mg
fosfato tricalcico (Ca)3 (PO4)2 75 mg
solfato di magnesio Mg SO4 75 mg
aminoacidi 1 gr
vitamine (Becozym) 1 fiala
succo d’ananas 25 ml
kinetina 10 mg
saccarosio 10-20 gr
carbone attivo 1 gr
agar 8 gr
pH 5.4-6

 

Discutiamo questa formula nei dettagli:

macroelementi: sono sufficienti piccole dosi di potassio (K), fosforo (P) e magnesio (Mg). Conviene preparare una soluzione stock, pesando 750 mg di ogni elemento ed aggiungendoli a 100 cc di acqua. Di questa soluzione-stock usiamo 10 ml/litro di medium, agitando bene perché questi minerali tendono a precipitare sul fondo, in particolare il fosfato tricalcico. Possiamo conservarla in freezer.
aminoacidi: sono l’unica fonte di azoto. Qui sta il trucco!. No ad azoto chimico, in particolare a quello nitrico, che costituisce la base di quasi tutti i fertilizzanti. Sì invece ad azoto naturale, come quello che c’è in una soluzione di aminoacidi, che derivano dall’idrolisi di proteine. Dove reperire una serie completa di aminoacidi? io uso un prodotto per fleboclisi chiamato Bioplex (Malmgren in Svezia usa un prodotto analogo detto SoulVit). In passato ho usato anche un “ricostituente” detto Aminozim. I risultati sono analoghi. In Australia, per germinare le loro orchidee terrestri, usano come fornitori di azoto peptone ed un estratto di carne!!!

Formula australiana per le orchidee terrestri native:

peptone 1 cucchiaio da tavola/litro
estratto di carne (Vegemite) 1 cucchiaio/l
saccarosio 10 gr/l
agar 9 gr/l

 

Tornando al Bioplex, una volta ricostituito, io ne uso 10 ml/litro che fornisce 10 mg di aminoacidi per litro; il resto lo metto in freezer, suddiviso in piccole dosi, pronto per le volte successive.
Vitamine: sembrano utili. Io uso 1 fiale di Becozym/litro, si possono usare anche 20 gocce di Protovit, o prodotto simile.
Ferro: se si vuole si può aggiungere un po’ di solfato di ferro – 10 mg/l -, anche se non mi sembra indispensabile; l’abbiamo quindi tolto dalle ultime formule.
Ananas: è, a mio giudizio, molto importante, in particolare perché stimola le radici. Recentemente abbiamo aumentato la dose a 50 ml/l. Io uso succo di ananas fresco, ottenuto utilizzando una piccola centrifuga domestica. Conviene prepararne una certa scorta, che può essere conservata in freezer.
Kinetina ( 6-furfurilaminopurina): si tratta di una citochinina, che regola la crescita delle piante, e che appare utile nel terreno di semina, ma non indispensabile; potrebbe quindi essere tolta dalla formula. Consiglio invece di usarla sempre nei terreno di ripichettaggio.
Carbone attivo: io uso 1 gr/litro. C’è chi è scettico sull’uso del carbone attivo. Per me invece è molto importante. Provare per credere.
Zucchero: si possono usare da 10 a 20 gr/litro. Nel terreno di germinazione possono bastare 10 gr/litro, mentre nel terreno di ripicchettaggio è meglio usare 20 gr/litro. Ricordo che l’ananas aggiunge altro zucchero al medium.
Agar: io uso 8 gr/litro. Ma la dose ovviamente dipende dalla qualità dell’agar usato. Si deve ottenere un substrato di giusta consistenza, né troppo molle né troppo duro.

Come preparare il substrato

Dalla soluzione-stock dei sali minerali si prelevano 10 ml/litro, dopo aver agitato bene. Aggiungere l’ananas, le vitamine, gli aminoacidi, la kinetina e lo zucchero. Portare a 1000 ml con acqua. Si deve a questo punto controllare il pH; infatti, avendo aggiunto il succo d’ananas, il pH è certamente diventato molto acido e deve essere portato a valori compresi tra 5.4-6, aggiungendo con cautela soda caustica diluita (o ammoniaca). Scaldare ora la soluzione così ottenuta. Aggiungere il carbone e l’agar, che si scioglie solo a caldo. Agitare. Portare quindi questa soluzione quasi ad ebollizione. Versarla quindi nelle beute, o in altri recipienti idonei (tipo i vasi Bormioli). Coprire il tappo del vaso con un pezzetto di carta alluminata, bloccandolo con un elastico. Sterilizzare quindi per 20 minuti in pentola a pressione.

Semina

Raccogliere la capsula intorno all’ottava settimana dopo l’impollinazione manuale. Per maggior cautela, conviene raccogliere anche alcune capsule a diversi periodi di maturazione, ad esempio anche dopo 7 settimane, in modo di essere sicuri di raccogliere semi giunti al momento giusto di germinabilità. Seminare al più presto dopo aver raccolto la capsula; in alternativa, conservare per qualche giorno in frigorifero.
Sterilizzare al capsula con ACE diluito 1:5-1:10 per almeno 10 minuti. In ambiente sterile, ad esempio un box sterilizzato con ACE, si incide la capsula con un bisturi monouso e si trasferiscono i semi immaturi sul terreno di coltura. E’ fondamentale effettuare queste operazioni nella massima sterilità, altrimenti ci troveremo le beute piene di muffe! Sono stati proposti vari metodi per costruire un ambiente il più possibile sterile, in base alla disponibilità economica di ciascuno; si va’ dalla cappa sterile al box autocostruito.

Germinazione

Dopo la semina, le beute vanno conservate a temperatura ambiente (22°-24°) ed al buio. Rapidamente i semi, se sono stati raccolti al momento giusto, si ingrossano ed in poche settimane si formano i primi protocormi, che appaiono come piccoli pallini bianchi. Col passare delle settimane questi protocormi si ingrosseranno sempre di più.

Sviluppo dei protocormi

Se i protocormi sono molto fitti, o se si vuole accelerarne lo sviluppo, all’inizio dell’inverno si possono ripicchettare in altre beute usando un terreno simile al precedente, ma che questa volta è meglio contenga la kinetina ed almeno 20 gr/lt di zucchero.
Ritengo utile durante i mesi invernali (dicembre-febbraio) riporre le beute con i protocormi in cantina, al buio ed al freddo. La cantina è un ambiente utile ed importante perché fornisce un locale con temperatura costante, senza i bruschi sbalzi di temperatura che giornalmente avvengono in una casa od in una serra.
Molti protocormi con l’arrivo della primavera svilupperanno una gemma, oltre a delle lunghe radici. Ti conviene a questo punto trasferire questi robusti seedling in un vaso con terriccio idoneo ed esporre a luce artificiale nella cantina. Si potrebbe anche esporre la beuta alla luce. Ma ho notato che in beuta le foglie prodotte sono più esili e deboli di quelle prodotte nel vaso.

Coltura di seedling

La coltura dei seedling è discussa da Corkhill e da Malmgren in alcuni articoli che ho tradotto su Il mondo delle Orchidee. Mi basta qui accennare ad alcuni accorgimenti. Conviene conservare i vasi in cui sono stati trapiantati i seedling in un ambiente condizionato (tipo una cantina od un garage) piuttosto che trasferire subito direttamente i seedling in natura, ove muoiono facilmente. È preferibile tenere questi vasi con i seedling in un ambiente a temperatura costante, come una cantina, piuttosto che in serra, i cui sbalzi di temperatura tra giorno e notte possono risultare deleteri ai seedling. Essi infatti vogliono una temperatura costante, che si deve modificare solo lentamente con l’arrivo della primavera e dell’estate.

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Foto che ritrae seedling nati in loco, vicino alla colonia madre, dopo impollinazione manuale.

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In questa immagine, invece, sono ripresi dei seedling di C. calceolus appena tolti dalla beuta.

Una volta che hanno compiuto un intero ciclo vegetativo in cantina, ed hanno prodotto la nuova gemma vegetativa, si possono trasferire in natura; sono oramai seedling “adulti”, ed hanno superato vittoriosamente le loro prime battaglie contro funghi e malattie.