Liparis loeselii (L.) Rich.,
una orchidea italica rara da proteggere
© Gianantonio Torelli – 1996
Argomenti
• Alla ricerca della Liparis loeselii
• Descrizione della specie
• Habitat
• Bibliografia
Alla ricerca della Liparis loeselii
Era da qualche anno che insieme a Berto, il mio anziano ma valente collaboratore, ai primi di giugno esploravo i biotopi della mia valle, la Valsugana, alla ricerca di una delle poche orchidee italiane dotate di pseudobulbi, la rarissima Liparis loeselii.
La foto mostra una Liparis loeselii in fiore.
Oltre ad essere un’orchidea rara
è anche molto piccola e poco appariscente.
Ero certo della sua presenza, ma le poche informazioni in mio possesso, la sua rarità e le sue ridotte dimensioni rendevano assai ardua la nostra ricerca. Conoscevamo la Liparis loeselii solo da qualche foto, e questo non facilitava di certo il nostro compito, in quanto non avevamo la più pallida idea delle reali dimensioni della pianta. Era il 10 giugno 1995, un sabato di sole, auspicio di una bella estate. Per la seconda volta in quell’anno siamo tornati in una palude che, a nostro giudizio, poteva rappresentare al meglio l’habitat della Liparis. Con circospezione e con cautela siamo penetrati nel biotopo. Gli stivali fortunatamente ci riparavano dall’acqua; infatti in molti punti si sprofondava nel fango della palude. La nostra vista era allietata da splendidi esemplari di Dactylorhiza incarnata in piena fioritura, mentre le numerose Epipactis palustris stavano ancora sviluppando l’inflorescenza.
Dactylorhiza incarnata cresciuta
nello stesso habitat della Liparis loeselii.
In un’area più diradata Berto, dotato di acutissima vista, scopre il piccolo Herminium monorchis; è la prima volta che lo troviamo, per cui scatto alcune diapositive, pur essendo una orchidea tutt’altro che entusiasmante.
Herminium monorchis, anche questa specie
vive nel biotopo della Liparis loeselii.
Durante questa operazione devo stare curvo per potermi avvicinare con la macchina fotografica al piccolo Herminium, ed è proprio allora che con la coda dell’occhio vedo alcune Liparis in fiore!
La fortuna era stata benevola con noi, finalmente. Bisogna infatti avere molta fortuna per scorgere le Liparis, date le loro ridotte dimensioni. Ci spostiamo con molta cautela, per non calpestrale e le studiamo a lungo, scattando diverse diapositive. Per precauzione impollino manualmente alcuni fiori, anche se questa è una pianta che probabilmente si autoimpollina; volevo garantirmi comunque alcune capsule. Questa colonia si estende su di un’area di circa un metro quadrato, con rarissime piante alla periferia. Pur con tutta la nostra buona volontà non siamo riusciti invece a trovare nessun’altra pianta nel resto del biotopo. Questo conferma la sua estrema rarità e la sua grandissima vulnerabilità. Il futuro di questa preziosa specie, infatti, appare molto nero, a causa della voglia di “bonifica” che tanto stà a cuore ai contadini ed alla popolazione in generale.
Per dovere di cronaca, segnalo che alcune settimane più tardi siamo tornati sul posto per raccogliere una capsula e provarne la germinazione in laboratorio. Le erbe palustri erano cresciute a tal punto da non riconoscere più il posto, nonostante avessimo lasciato dei rami secchi ad indicarci la colonia. Abbiamo impiegato quindi molto tempo prima di ritrovare le nostre Liparis loeselii. In queste settimane, con nostra gioia, si erano formate diverse capsule. Con cautela ne abbiamo raccolta una, non ancora matura.
Più tardi, tornati a casa, ho seminato la Liparis. Purtroppo ho avuto un rapido inquinamento delle beute, per un difetto di sterilizzazione, causato probabilmente dalla piccolezza della capsula, che rende difficile ottenere una sterilizzazione completa. L’anno dopo, nell’estate del 1996, ho riprovato la semina, utilizzando una capsula quasi matura, ma ancora chiusa, e come substrati il terreno M, che uso per la germinazione del C.calceolus, ed il Phytamax P-6793 con aggiunta di carbone attivo, 1gr/l. I risultati migliori sono stati ottenuti con il Phytamax, tenendo le beute sotto luce artificiale, come per la germinazione delle orchidee tropicali. Su terreno M ho avuto scarsi risultati, ed in particolare nelle beute tenute al buio non ho avuto alcuna germinazione.
Descrizione della specie
Ora darò una breve descrizione di questa pianta che, data la sua estrema rarità, ritengo sia sconosciuta ai più.
Il genere Liparis comprende 350 specie (Dressler, 1993), quasi totalmente diffuse ai tropici, per lo più terrestri od epifite. Il termine Liparis deriva dal greco liparos e si riferisce all’apparenza “unta”, “grassa” delle foglie. Una sola, la Liparis loeselii appunto, è diffusa in Europa ed in Italia. ” Diffusa” è un modo di dire, un eufemismo, dato che è in assoluto una tra le orchidee più rare, in quanto cresce in un habitat estremamente specializzato (palude a pH neutro o alcalino) ed in rapida via di distruzione per gli interventi antropici di “bonifica”.
Se non tuteliamo in modo drastico ed urgentissimo i pochi biotopi rimasti, addio Liparis!
Liparis loeselii fu descritta da Linneus come Ophrys loeselii (in onore di J.Loesel, botanico del XVII secolo) e nel 1818 L.C. Richard la trasferì nel nuovo genere Liparis, di cui Liparis loeselii rappresenta il tipo. È una delle poche orchidee italiane dotate di pseudobulbo, anche se molto piccolo; è alta 5-15 cm, e presenta due foglioline, carnosette, di un verde brillante, ellittico-ovate, opposte. L’inflorescenza è alta 5-8 cm, di sezione più o meno triangolare, e porta, negli esemplari da me studiati, 5-6 fiorellini di colore verde-giallognolo chiaro, con i sepali ed i petali molto stretti, lineari-lanceolati, per cui la parte più evidente del fiore è il labello, lungo 5 mm e largo 2.5 mm, che guarda in sù poiché l’ovario non è ruotato, ed ha il margine ondulato. Manca di sperone e nettare, per cui non può attrarre in modo particolare nessun insetto. Lo stame ha il cappuccio di copertura che cade facilmente, permettendo, almeno in teoria, ai pollinia di scivolare sullo stigma. Questo fa pensare ad un meccanismo riproduttivo per autoimpollinazione.
Habitat
In Italia si può trovare solo al nord, in zone paludose, ma è rarissima. In Trentino sembra esista in 3 piccole stazioni, di cui la più famosa è proprio quella vicino a casa mia, in Valsugana. Si tratta di una piccola palude, purtroppo di facile accesso, formalmente protetta dalla legge trentina sui biotopi; in realtà è minacciata dagli intensi lavori agricoli delle aree circostanti.
Liparis loeselii nel suo habitat, come si può notare l’orchidea
si confonde molto nella vegetazione erbosa.
La pianta è molto piccola, spiccano molto più le foglie alla base.
Quando sfiorisce è difficilissimo individuarla.
La sua località è protetta da uno stretto riserbo, per ovvii motivi di sicurezza, anche se è nota a diversi botanici italiani e stranieri. Purtroppo tornato nel biotopo nell’estate del 1996 per eseguire una ulteriore impollinazione, ho trovato la zona devastata da uno sconosciuto fotografo, che ha letteralmente “spianato” l’area in cui cresce la L.loeselii, tagliando tutte le cannette che la proteggono dal sole. Dimostrazione di quanta poca sia la sensibilità e l’attenzione di alcune persone che probabilmente si ritengono ambientalisti o botanici. Mi auguro che questo vandalismo non incida sulla sopravvivenza futura della piccola colonia.
Nel resto d’Europa è altrettanto rara, e cresce in paludi, torbiere o in depressioni umide fra le dune. La forma che cresce nelle dune del sud del Galles è detta Liparis loeselii v. ovata, perché ha foglie più ovali della nostra varietà.
L’estrema vulnerabilità di questa orchidea è dimostrata dal fatto che i botanici di area tedesca nel 1994 l’hanno classificata come l’orchidea dell’anno 1994 per stimolare l’attenzione di tutti sulla salvaguardia di questa piccola, ma preziosa orchidea.
Bibliografia
Chi fosse interessato può consultare:
S. Kunkele, R.Lorenz : Liparis loeselii (L.) Rich. : die Orchidee des Jahres 1994
J.Eur. Orchideen, 1994, 2617-36
W. Rysy : Das Torf-Glanzkraut (Liparis loeselii (L.) Rich.) als Orchidee des Jahres 1994
Orchidee, 1994, 45:82-