Progressi nella germinazione del Cypripedium calceolus L.
© Gianantonio Torelli – 1990
Abstract: the author reports that he was able, at home, to have a good asymbiotic germination of Cypripedium calceolus L. The best results were obtained using seeds harvested 8-10 weeks after hand-pollination, using his own medium, containing 66f andactiv charcoal. The flasks were refrigerated two monthes, and after that they were kept in the dark at room temperature.
Argomenti
• Il progetto di semina
• La semina
• Un nuovo terreno di coltura, il G.T.
• I risultati
• Commento
Il progetto di semina
È noto come la germinazione con metodo asimbiotico delle orchidee terrestri dei climi temperati sia oltremodo difficoltosa, e come tra queste orchidee la più recalcitrante a germinare sia certamente il Cypripedium calceolus L.
La foto mostra un esemplare di Cypripedium calceolus L.
(la località di ripresa non viene menzionata per ovvi motivi di protezione)
Eppure quando nel 1987 con altri amici abbiamo dato origine ad una associazione ci siamo posti come obiettivo primario proprio quello di arrivare alla germinazione in vitro del C.calceolus, primo passo verso una sua eventuale reintroduzione in quei territori in cui l’uomo era riuscito a distruggerlo.
L’impresa era certamente ardua, sia per la totale mancanza di fondi, a cui abbiamo supplito con fantasia e dedizione, sia per quanto la letteratura internazionale in modo unanime andava affermando: il C.calceolus non germina in beuta! Credo che queste premesse avrebbero fermato chiunque, in particolare dopo i primi insuccessi. Invece…
Mentre altri Cypripedium germinano, sia pur con difficoltà, (vedi Ballard, A.O.S. 1987, pag.935-946, il quale ha ottenuto buoni risultati col C.reginae), il nostro C.calceolus si dimostra misteriosamente restio a germinare. Lo stesso Ballard, in una comunicazione personale, mi riferiva di non avere ottenuto alcuna germinazione con il C.calceolus, e mi invitava a continuare gli esperimenti.
Raro esemplare di Cypripedium Calceolus albino.
La semina
Durante l’estate si provvedeva ad impollinare i fiori; i semi venivano quindi raccolti in autunno e seminati su vari terreni, più o meno complessi.
Per la precisione abbiamo provato i seguenti terreni di coltura: Knudson, bKnudson(tamponato, cioè), Vacin & Vent, Yamada-like a base 1027-27 e 18-18-18, Murashige & Skoog, Fast, Ernst ed altri terreni di nostra invenzione, arricchiti ad es. con patata, succo di pomodoro, 66f, etc. Tutto ciò nel 1987. Risultato: assolutamente niente!
Nel 1988 abbiamo deciso di provare a cambiare il pH, ipotizzando che l’insuccesso dell’anno precedente fosse dovuto ad una scelta sbagliata del pH: avevamo infatti usato quello classico, pH 5,4. In natura il C.calceolus vive su rocce calcaree, ma con le radici che penetrano in un humus costituito da foglie ed erba in decomposizione.
Inoltre sembra germinare meglio in zone ricche di muschio, a reazione acida. Possiamo perciò immaginare l’habitat tipo del C.calceolus come costituito da pietre dolomitiche, coperte da uno strato di humus, a sua volta ricoperto da muschio. Dove germina quindi il seme del nostroC.calceolus, una volta caduto dalla capsula? Nel muschio? O più probabilmente, data la necessità assoluta della micorrizia, nell’humus, che effettivamente è percorso da un fittissimo intreccio di micelio bianco? Che occorresse quindi un pH più basico di quello usato? A questo punto, per non sbagliare, ho preparato gli stessi terreni (Knudson, Vacin & Vent e Murashige & Skoog) a pH diversi, cioè 5.2,5.4,5.6, 6.0, 6.7 e 7.2.
Dopo un anno, però, la germinazione era ancora nulla.
Da notare che avevamo provato a mettere una serie di beute in frigorifero, per imitare l’esposizione al freddo che i semi subiscono in natura, e contemporaneamente una serie di beute uguali venivano lasciate a temperatura ambiente per controllo.
I semi, che venivano raccolti sostanzialmente maturi erano sempre controllati al microscopio ottico, ed una volta addirittura al microscopio elettronico, e risultavano sempre perfetti.
Un nuovo terreno di coltura, il G.T.
L’anno scorso (1989) ho deciso di usare semi provenienti da capsule verdi, a vari stadi di maturazione, pensando così di evitare il famigerato “fattore di dormienza” che viene ipotizzato essere una delle possibili cause della non germinazione del Cypripedium e che in natura servirebbe ad impedire precoci quanto inopportune germinazioni fuori stagione.
Dalla seconda capsula in poi ho provato anche due nuovi terreni di coltura, cioè una formula commerciale americana (GB mother flask medium V), ed una formula contenente lievito e il fito-ormone 66f da me studiata e che per brevità chiamerò G.T. (vedi tabella).
Composizione del terreno G.T.
ammonio nitrato: | 130 mg/l |
potassio fosfato mono: | 250 mg/l |
magnesio solfato: | 130 mg/l |
Ferrlecit (citrato ferrico): | 3 gtt |
peptone (Aminozim): | 2 fialoidi |
lievito (codex): | 6 capsule |
fruttosio: | 20 gr/l |
saccarosio (contenuto nell’Aminozim): | 8 gr/l |
66f: | 0.4 ml/l |
vitamine (Protovit): | 4 gtt |
carbone attivo: | 2 gr/l |
Entrambe le formule contengono carbone attivo.
Ho seminato la 1ª capsula dopo 8 settimane dall’impollinazione manuale; la 2ª dopo 10 settimane; la 3ª dopo 12 settimane; la 4ª, raccolta insieme alla 3ª, era stata impollinata invece in modo naturale; la 5ª, anch’essa raccolta nello stesso periodo, è stata tenuta in frigorifero per un mese prima di essere seminata.
Effettuata la semina, le beute sono state conservate in frigo per almeno due mesi, tranne alcune tenute per controllo a temperatura ambiente ed in ogni caso rigorosamente al buio.
I risultati
Nella primavera 1990 alcune beute, con nostra soddisfazione, mostravano i primi protocormi: al 2-3-90 la 1ª capsula nel bKnudson mostrava 18 protocormi, la 2ª 18 nel G.B. e 1 nel bKnudson, la 3ª 12 nel G.T., la 4ª 1 nel G.T., la 5ª nessun protocormo. Da ciò risulta evidente che più precoci sono le capsule più rapida ed efficiente è la germinazione.
All’ultimo controllo, alla fine di luglio, avevo i risultati riportati in tabella (numero approssimativo di protocormi).
Terreno | Beuta Refrigerata | Beuta a temperatura ambiente | |
lª capsula | ERNST | 0 | 0 |
FAST | 0 | 0 | |
bKNUDSON | 18 | 2 | |
2ª capsula | ERNST | 0 | – |
FAST | 0 | – | |
bKNUDSON | 1 | – | |
G.B. V | 18 (con beute inquinate) | – | |
3ª capsula | ERNST | 0 | – |
FAST | 0 | – | |
bKNUDSON | 0 | – | |
G.T. | 40 circa | – | |
G.B. V | 18 (con beute inquinate) | – | |
4ª capsula | ERNST | 0 | – |
bKNUDSON | 0 | – | |
G.T. | 1 | – | |
G.B. V | 0 (con beute inquinate) | – | |
5ª capsula | ERNST | 0 | – |
bKNUDSON | 0 | – | |
G.T. | 6 | – | |
G.B. V | 1 | – |
Da queste osservazioni preliminari possiamo trarre le seguenti considerazioni.
Il terreno G.T. dà una ottima germinazione, con un buon sviluppo dei protocormi. Il pH 5.4 sembra corretto, e la germinazione è ottimale dopo 12 settimane dall’impollinazione. Purtroppo, non avendo ancora a disposizione il G.T. per le prime due capsule, non posso esprimermi sulla germinazione ad 8 e 10 settimane con questo terreno. Però, osservando che il Knudson ha dato una discreta germinazione con la 1ª capsula, mentre non ne ha prodotto alcuna nella 3a, si può ritenere che già dopo 8 settimane i semi siano vitali e perciò, a maggior ragione, germinabili nel G.T. e nel G.B.V.
I pochi protocormi germinati nel Knudson nel giro di poche settimane sono diventati grigi e sono morti; questo significa che questo terreno non supporta bene lo sviluppo dei protocormi successivamente alla germinazione.
Il terreno di Ernst, che mi dà ottimi risultati con i Paphiopedilum, non mi ha dato alcuna germinazione col C.calceolus.
Idem il terreno di Fast, che veniva indicato sul libro di Arditti a pag. 322 come idoneo per ilCypripedium.
Il terreno G.B.V ha determinato una certa germinabilità, ma con successiva atrofia dei protocormi, evento già riscontrato con questo terreno con altri tipi di orchidee epifite, con le quali comunque determina per lo più una eccellente germinazione: la ditta produttrice, interpellata a proposito, non mi ha saputo dare alcuna spiegazione; penso che sia un terreno che richieda uno scambio gassoso notevole con l’esterno, per cui le mie beute, troppo ermeticamente sigillate, mettono in crisi i protocormi.
Inoltre i miei risultati sono stati falsati, riguardo il GB, dal fatto che ho avuto in molte beute un inquinamento da muffe, dovuto ad un mio errore in fase di sterilizzazione.
Ricordo infatti che questi esperimenti sono da noi effettuati in modo assolutamente artigianale, a casa, spesso con materiale di recupero e senza alcun contributo.
Ritengo quindi che – date queste premesse – sia oltremodo gratificante aver ottenuto una germinazione così alta, ove altri, con ben differenti mezzi, avevano fallito.
Questo dimostra che anche in casa, se spinti da passione e amore per la natura, si può fare della ricerca, e magari, come nel nostro caso, ottenere risultati migliori di tanti famosi istituti.
Commento
Per concludere, da questi esperimenti, durati tre anni, ho avuto la prova che il C.calceolus a capsula matura o quasi matura NON germina; che raccolto invece dopo 60 giorni a seme immaturo germina bene; che il seme, a dispetto della capsula ancora verde, è maturo molto presto, molto prima cioè che la capsula si apra, e già dopo 10-12 settimane ha un colore scuro, prova della sua incipiente maturità; ritengo che l’ideale sia seminarlo quando è immaturo, di colore chiaro, biancastro, in quanto con la maturazione sviluppa inequivocabilmente quel “fattore di dormienza” che ne impedisce poi in pratica la germinazione in vitro.
È mia convinzione che, anticipando ulteriormente l’epoca della semina, ad esempio dopo 7 settimane dalla impollinazione, si riescano ad ottenere risultati ancora migliori, probabilmente rendendo inutile il periodo di raffreddamento. Quest’anno ho perciò già seminato dopo 45, 56 e 73 giorni. A più tardi, comunque, i risultati.
È doveroso, al termine di questa mia comunicazione, ringraziare gli amici che con me hanno passato tanti giorni a studiare il C.calceolus sul campo e a provare e riprovare tante formule di coltura. Tra tutti voglio citare Patrizio De Priori, Luigi Cesi e soprattutto Claudio Severini che mi è sempre stato di grande aiuto nell’ideare formule e di sprone nei momenti di difficoltà.