Tutti gli argomenti dedicati all’allevamento dell’orchidea.
– uso il termine allevamento come viene di solito usato nei testi specializzati –
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Prima di mettere un commento leggi qui magari trovi già una risposta alle tue domande.
Introduzione
Per evitare gli errori comuni sull’allevamento delle orchidee occorre sapere quanto viene detto qui di seguito. Se vengono compresi i concetti spiegati vi siete già messi da parte il 90% dei problemi legati al loro allevamento.
Prima date un’occhiata a questi articoli Per iniziare e poi Le orchidee.
Come crescono
in natura
Le orchidee tropicali (quelle vendute nei garden center sono spesso ibridi di queste) sono nella stragrande maggioranza epifite o litofite, cioè vivono abbarbicate agli alberi o alla roccia, le loro radici sono esposte all’aria. Asciugano velocemente tra un acquazzone e l’altro, raramente rimangono bagnate, ripeto bagnate non umide, per giorni interi. Da questa semplice osservazione abbiamo imparato una cosa importante le loro radici hanno bisogno sì di acqua, ma anche di asciugare velocemente perché le loro radici sono abituate a crescere così. Se facciamo il parallelo con l’allevamento in vaso ci accorgiamo che le nostre piante più che bagnarle le affoghiamo.
in vaso
Con la crescita delle radici e la decomposizione naturale del bark e degli altri elementi il substrato nel vaso diventa compatto. L’acqua non riesce più a drenare come dovrebbe e da qui compaiono i primi sintomi di sofferenza della pianta, o meglio delle radici che poi di riflesso si ripercuotono sulla crescita della pianta. Il substrato compatto soffoca in pratica le radici che hanno bisogno di movimento d’aria per asciugare, esse marciscono e vengono attaccate da minuscoli insetti che peggiorano di conseguenza l’equilibrio ormai precario della pianta, ma non finisce qui, ingialliscono le prime foglie, il colletto delle foglie marcisce anch’esso, si perdono gli steli floreali e la pianta è praticamente persa.
Qual è la causa primaria: l’acqua o meglio la troppa acqua fornita in modi errati.
Un substrato leggero, drenante consente all’acqua di scivolare via, questa è la condizione ideale per far crescere bene la pianta. Un substrato compatto fa insorgere funghi e proliferarzione di parassiti che attaccano più facilmente gli apparati radicali con conseguenze immaginabili. In questo caso occorre provvedere subito ad un rinvaso (vedi procedura generale per il rinvaso descritta sotto).
Regole generali: quando, quanto e come dare acqua ad una orchidea
Quale acqua usare per le innaffiature
Non tutte le acque vanno bene. Se dure, calcaree o con molto ferro non sono adatte.
Come fare? Se sono calcaree basta farle decantare qualche giorno in un innaffiatoio con un po’ di torba. Se sono troppo ferrugginose meglio evitarle ed usare acqua depurata (osmosi inversa). L’acqua piovana va bene basta non prendere quella iniziale che raccoglie parecchie particelle dall’aria e che potrebbe essere notevolmente acida. Se avete a disposizione un misuratore di pH lo potete verificare subito (valori attorno a pH 7 vanno bene).
Quando e quanto bagnare
Di regola è meglio bagnare al mattino in modo che l’acqua presente nel colletto delle foglie possa evaporare prima di sera (il ristagno di acqua nel colletto delle foglie è una delle cause primarie di marcescenze).
Se si ha un dubbio rimandare al giorno seguente.
Pianta in vaso
– bagnare abbondantemente la pianta;
– imparare a soppesare il vaso alzandolo e valutandone il suo peso;
– effettuare la seguente bagnatura solo quando il vaso si sente leggero, oppure guardare sotto il vaso se è praticamente quasi asciutto bagnare di nuovo, oppure ancora mettere un dito tra la corteccia sino almeno a metà del vaso se il dito percepisce umidità attendere ancora un paio di giorni prima di innaffiare, se esce bagnato attendere di più.
Pianta ancorata su Xaxim:
– immergere tutta la pianta con la tavoletta di xaxim per qualche minuto;
– imparare a soppesare la tavoletta alzandola e valutandone il suo peso;
– effettuare la seguente bagnatura solo quando la tavoletta si sente leggera, oppure quando al tatto si sente poco umida o asciutta.
Pianta ancorata su sughero o in zattera:
– immergere tutta la pianta con il sughero o con la zattera anche per una mezz’ora;
– effettuare la seguente bagnatura anche il giorno dopo se la pianta si è asciugata completamente.
Regole generali: quando, quanto e come concimare una orchidea
Le piante in generale sono organismi autotrofi, cioè si producono da sole il nutrimento mediante la fotosintesi clorofilliana; altre ad esempio: le piante carnivore le saprofite e le parassite sono eterotrofe, ma questo non fa parte della nostra trattazione.
Le orchidee di norma sono poco esigenti in fatto di fertilizzazione in quanto in natura riescono a sopravvivere molto bene usando lo scarso nutrimento portato dalla pioggia o preso dal substrato dove sono ancorate.
Le piante prendono il carbonio, l’idrogeno e l’ossigeno dall’aria mentre ricavano i macroelementi principali come: azoto, fosforo, potassio, calcio, magnesio e zolfo dal substrato o dall’acqua ed hanno bisogno di tracce di microelementi come: ferro, manganese, boro, molibdeno, rame, ecc.
La pianta assorbe l’acqua e i sali minerali disciolti in essa attraverso le radici (linfa grezza). La linfa grezza per mezzo di piccoli condotti arriva alle foglie dove, in presenza di luce, avviene il processo di fotosintesi clorofilliana.
Di giorno le foglie assorbono dall’aria il biossido di carbonio (anidride carbonica), che trasformano in sostanze organiche (linfa elaborata); durante, questo processo, le foglie liberano nell’aria ossigeno.
La linfa elaborata viene distribuita in tutte le parti della pianta per nutrirla attraverso altri vasi. In questo processo anche la temperatura ha la sua influenza, sia sopra che sotto determinati livelli la fotosintesi cala notevolmente.
La pianta in natura trae beneficio dal delicato equilibrio tra gli elementi che servono alla propria vita: aria, acqua, macroelementi, microelementi, luce e temperatura. Artificialmente dobbiamo rispettare questo equilibrio che non è identico per ogni pianta, ma si diversifica in base alla specie. Più avanti viene anche descritto il range di temperature consigliate per l’allevamento di piante provenienti da zone diverse.
Pochi, al momento dell’acquisto, si preoccupano di conoscere le zone di provenienza di una pianta: questo è un errore. Le orchidee che troviamo in un vivaio sono, nel 99% dei casi, ibridi. Incroci spesso fatti anche tra generi differenti che vivono in condizioni climatiche diverse con esigenze diverse.
Ma quali fertilizzanti usare per le nostre orchidee?
Di chimici in commercio ne esistono vari tipi tutti a base di azoto, fosforo e potassio (N-P-K), alcuni contengono anche tracce di microelementi.
Dopo anni di esperienza in questo campo, in base alle mie osservazioni, credo di poter affermare che l’uso di fertilizzanti naturali come il letame di mucca o di cavallo o il guano molto stagionati siano il massimo per le nostre piante. Per chi non vuole procurarsi la materia prima da un contadino può acquistarlo nei garden center sotto forma di pellet.
Io tratto le mie piante così: il giorno prima di fertilizzare metto, in un innaffiatoio di circa 7 litri, una decina di questi cilindretti ottenendo un blando tè di letame. Il giorno seguente: prima bagno abbondantemente le piante per lavare bene le radici e poi con l’innaffiatoio verso la dose di un paio di bicchieri nei vasi più grandi, meno in quelli più piccoli, tutto quello che esce dal fondo del vaso è perso e inquina, regolatevi di conseguenza sulla dose.
Faccio questa operazione un paio di volte la settimana d’estate, più di rado in primavera e molto meno in autunno. D’inverno uso ferilizzanti chimici (per il problema degli odori). Fertilizzo una volta ogni quindici giorni con diluizioni elevate (più di un quarto di quelle che vengono consigliate).
Dato che la pianta produce l’alimento da sé e le orchidee non ne hanno bisogno molto, usare un fertilizzante liquido di tipo 18-18-18 (erroneamente detto bilanciato solo perché ha i numeri uguali) non credo faccia molta differenza rispetto ad un altro.
Terreni di coltura più usati
Il composto comunemente usato per il rinvaso delle orchidee è composto da una mischia di diversi elementi organici, inorganici minerali e inorganici sintetici.
Organici: bark, xaxim, osmunda, torba di sfagno (un tipo di muschio), sughero.
Inorganici minerali: lana di roccia, argilla espansa, pomice, lava, piccoli ciottoli.
Inorganici sintetici: polistirolo espanso, gomma piuma, pezzi di spugna.
Tali componenti più che altro servono all’ancoraggio della pianta, ma non a nutrirla come si potrebbe credere (osmunda a parte).
Le immagini che seguono mostrano alcuni degli elementi usati nei composti per orchidee.
Bark
Il bark è di solito corteccia di sequoia (Sequoia sempervirens), ma anche di abete rosso (Picea abies) e di Pseudotsuga douglasii.
Xaxim
Xaxim (Dicksonia sellowiana, Hook) della famiglia delle dicksoniaceae, originaria delle foreste atlantiche e dell’America centrale (in particolare gli stati di Minas Gerais, Rio de Janeiro, Sao Paulo e Rio Grande do Sul). È una pteridofita (felce) arborea con portamento eretto, tronco cilindrico 15-20 cm, alta fino a 10 mt, e fronde bipennate alte fino a 2 metri. Vive dai 1500 sino anche ai 3500 mt. Viene impiegata come supporto per la coltivazione di altre piante, la specie è in pericolo e il suo impiego è vietato in tutto il Brasile ed altre nazioni.
Osmunda
Molto usata in passato, oggi molto meno l’Osmunda regalis L. appartiene alla famiglia delle osmundaceae, è una felce (60 – 180 cm) con grosso stipite cespuglioso e foglie grandi. Cresce in prevalenza in luoghi umidi dalla pianura alla media montagna. La specie è protetta.
Sfagno
Lo sfagno (Sphagnum) è un muschio estremamente leggero e permeabile, appartiene alla famiglia delle Briofite organismi vegetali primitivi che crescono in luoghi umidi, sul terreno, sulle rocce e sulla corteccia degli alberi. Hanno radici non assorbenti, ma ancoranti che le consentono di crescere su substrato sottilissimi con umidità sufficiente. Lo sfagno viene usato come componente aggiuntivo ai substrati per orchidee e altre piante epifite. Tutte le specie di questo genere sono protette, difficile è la coltivazione dato che predilige ambienti freddi.
Procedura generale per il rinvaso
– immergere vaso e pianta in acqua per qualche minuto,
– estrarre la pianta dal vaso,
– eliminare tutto il substrato attaccato alle radici,
– recidere le radici marroni marcescenti preferibilmente con strumenti sterili ad esempio forbici acciaio inox immerse per una decina di minuti in acqua e candeggina (proporzioni 1 a 10),
– lavare abbondantemente la pianta sotto acqua corrente,
– lasciare asciugare la pianta per qualche ora (non al sole),
– lavare e sterilizzare lo stesso vaso per una decina di minuti con acqua e candeggina (proporzioni 1 a 10) oppure procurarsi un nuovo vaso (personalmente consiglio che sia della stessa misura piccolo è meglio)
– rinvasare con materiale nuovo preventivamente tenuto a bagno il giorno prima, lavato ed asciugato deve essere un poco umido (vedi il caso per pianta a – monopodiale o b – simpodiale).
a – se ha una crescita verticale tipo phalaenopsis, vanda, (monopodiale: un piede) vedi figura, mettere la pianta in centro al vaso, tenerla in centro con una mano a livello 1 o 2 centimetri sotto il bordo e con l’altra riempire il vaso mettendo i pezzetti di corteccia dentro premendo affinché la pianta possa reggersi, altrimenti fermarla ad un sostegno (bastoncino) infilzato nel substrato,
b – se ha una crescita orizzontale tipo i cymbidium, cattleya, oncidium (sympodiale) vedi figura, mettere la pianta con la parte vecchia vicino al bordo del vaso a livello 1 o 2 centimetri sotto il bordo tenendo le gemme verso il centro del vaso (col tempo la pianta riempirà il vaso con le nuove crescite), riempire il vaso come sopra e premere il bark dentro il vaso anche contro le radici per ancorarla,
– in entrambi i casi attendere almeno (ripeto almeno) una settimana prima di bagnare la pianta per fare in modo che le radici spezzate possano cicatrizzare, al massimo spruzzare 2 o tre volte al giorno le foglie con acqua,
– mettere in un luogo riparato dal sole, meglio verso nord, e adattare la pianta alla luce più intensa quando si riprende il ciclo di bagnature dopo la settimana o decina di giorni,
– la pianta se non è in cattive condizioni riprenderà sicuramente.
Tenendo presente questi parametri approssimativi:
Serra
Ogni orchidea predilige essere allevata in ambienti adatti a seconda della propria provenienza. Alcune si adattano bene a climi e temperature diverse, ma come regola generale vengono divise in orchidee da serra:
fredda
minimo invernale notturno 8-11 gradi, massimo estivo 24-26 gradi, escursione preferibile 5° tra giorno e notte
intermedia o temperata
minimo invernale notturno 12-14 gradi, massimo estivo 26-28 gradi, escursione preferibile 5° tra giorno e notte;
calda
minimo invernale notturno 15-18 gradi, massimo estivo 30-32 gradi con molta ombra per le piante a foglia larga, escursione preferibile 5° tra giorno e notte.
In seguito verrà data una spiegazione di quali generi e specie associare a questi tipi di serre.
Possiamo considerare i seguenti generi, in linea molto generale perché dipende molto dalla loro provenienza
da serra fredda:
- Cymbidium
- alcune specie di Dendrobium
- alcune specie di Odontoglossum
- alcune specie di Miltonia
- Zygopetalum
da serra intermedia temperata:
- Aerangis
- Cattleya
- alcune specie di Cymbidium
- Dendrobium
- Laelia
- Masdevallia
- Miltonia
- Odontoglossum
- Oncidium
- Vanda
da sera calda:
- Angraecum
- Aerangis
- Bulbophyllum
- Miltoniopsis
- Phalaenopsis
Per gli incroci fra generi diversi o con specie di origine diversa sono ancora più difficili da inquadrare. Una loro collocazione ideale dipende dall’osservazione dell’allevatore durante tutto il periodo dell’anno.
In base alla crescita del soggetto si può capire dove si adatta meglio e stabilire così la sua collocazione.
La mia prima serretta con un sistema posto in cantina per generare aria fresca e umida una specie di Impianto cooling.