Le malattie che colpiscono le orchidee

© Gianantonio Torelli – 1989 – rev. 2015


Breve guida alle principali patologie che possono colpire le piante di orchidee, ai prodotti ed agli interventi necessari per combattere queste malattie e, soprattutto, per prevenirle.

Argomenti

  • Introduzione
  • Malattie fungine
  • Le patologie fungine più comuni
  • Chiave di riconoscimento delle patologie più comuni delle orchidee
  • I principali fungicidi attivi sulle patologie delle orchidee
  • Precauzioni nell’uso dei fungicidi
  • Malattie batteriche
  • Malattie virali

Introduzione

La migliore cura è coltivare in ambienti puliti, in vasi ben drenanti, e con una adeguata ventilazione: sono questi i segreti per avere piante sempre sane.
Le orchidee, come tutte le altre piante, possono essere colpite da malattie fungine, batteriche e virali. Scarsa igiene nel luogo di coltura, eccessiva umidità, poca ventilazione, acquisto di piante malate: sono queste le condizioni che facilitano la diffusione delle malattie.
Identificare in modo esatto la patologia da cui è affetta una pianta è spesso problematico, se non si ha la possibilità di ricorrere ad un laboratorio di fitopatologia; ne consegue che possiamo praticare solo una cura empirica e generica, cura che spesso si dimostra inadeguata o sbagliata.
Devo aggiungere inoltre che sono molto pochi i fungicidi sperimentati sulle orchidee, per cui di molti anticrittogamici non conosciamo gli effetti collaterali (fitotossicità) sulle orchidee, ed il nostro tentativo di cura può risultare addirittura dannoso, oltre che inefficace. Applicare un fungicida non appropriato, o in dose errata, può portare infatti a danni fogliari o floreali, se non addirittura alla morte della pianta.
Questa breve rassegna vuole essere di aiuto nell’identificare nel modo più corretto possibile l’agente patogeno, al fine di poter intervenire con una cura adeguata.

Malattie fungine

Premetto che la nostra attenzione deve rivolgersi soprattutto ad identificare e curare i “marciumi” radicali e del colletto, che possono portare in breve alla perdita della pianta e che sono favoriti proprio dalle peculiari condizioni di coltura delle orchidee: molta umidità, substrati troppo idrofili e degradabili, scarso drenaggio, e poca ventilazione.
Le altre malattie fungine, pur se debilitanti, sono meno gravi e portano per lo più ad un danno fogliare e/o floreale, ma non sistemico.
Insisto ancora sul fatto che solo una grande igiene colturale ed un rapporto equilibrato tra umidità, acqua, temperatura e ventilazione manterrà le piante sane; è da bandire il ricorso indiscriminato a trattamenti così detti “preventivi” a base di fungicidi, che sono pur sempre sostanze tossiche, sia per le piante che per noi stessi.

Le patologie fungine più comuni

MARCIUME NERO

Agente: PYTHIUM ULTIMUM Trow. e PHYTOPHTORA CACTORUM Schroet.
Ospiti: quasi tutte le orchidee.
Sintomi: aree acquose bruno-porpora a margine giallastro. Può partire dalle foglie, ma per lo più colpisce le radici, i rizomi e gli pseudobulbi. È spesso rapidamente letale, in particolare per i seedlings nei vasi comunitari.
Controllo: eliminare drasticamente le aree infette, poi applicare Aliette (2 gr/l) o Ridomil per spray od immersione, e poi rinvasare in substrato nuovo. Può essere utile cospargere l’area di taglio con zolfo o rame.
E’ stata descritta l’efficacia curativa e preventiva della polvere di cannella; non ho però nessuna personale esperienza sull’uso della cannella sui marciumi.
N.B. I più comuni fungicidi sono del tutto inefficaci su questi funghi.
Prevenzione: buona areazione; foglie rapidamente asciutte; ottimo drenaggio; evitare l’eccessiva umidità ed i substrati che trattengono troppa acqua.
Eventuali spruzzature preventive con Aliette, Mancozeb o prodotti rameici in autunno-inverno, se il nostro ambiente di coltura è troppo spesso soggetto al fungo.

MARCIUME DELLE RADICI

Agente: RHIZOCTONIA SOLANI Kuehn. (detta Pellicularia filamentosa nello stadio sessuale).
Ospiti: Paphiopedilum, Cattleya, Phalaenopsis, Oncidium, etc.
Sintomi: marciume bruno delle radici, che sono spesso ricoperte da micelio bianco o bruno; dalle radici può propagarsi ai rizomi ed agli pseudobulbi. Il declino della pianta è graduale: le foglie diventano giallastre, essiccate ed accartocciate.
Controllo: tagliare ed eliminare le zone colpite e poi immergere la pianta in Benlate e/o Mancozeb e/o Iprodione. Rinvasare poi in substrato nuovo.
Prevenzione: dotare il vaso di buon drenaggio.

AVVIZZIMENTO

Agente: FUSARIUM OXYSPORUM Schlect.
Ospiti: Cattleya, Dendrobium, Cymbidium, Phalaenopsis, Oncidium.
Sintomi: i segni esterni sono un ingiallimento e raggrinzimento delle foglie e degli pseudobulbi, come nelle piante colpite da Rhizoctonia: però nel rizoma colpito da Fusarium sono rinvenibili alcune caratteristiche aree porpora. L’infezione porta ad un degrado del rizoma e delle radici e quindi ad un lento declino della pianta. È più frequente di quanto si pensa.
Controllo: eliminare le zone infette, cioè ogni parte con chiazze porpora; immergere poi in Benlate o altro fungicida sistemico; disinfettare il taglio del rizoma con zolfo; rinvasare infine in substrato nuovo.
Prevenzione: buon drenaggio; disinfettare sempre la ferita dei rizomi dopo ogni divisione, ad esempio con polvere di zolfo.

MARCIUME DEL COLLETTO

Agente: SCLEROTIUM ROLFSII Sacc.
Ospiti: Phalaenopsis, Vanda, Cymbidium.
Sintomi: rapido collasso con marciume di radici, pseudobulbi e parte basale delle foglie.
Inizia con chiazze giallo-crema, che presto diventano brune (per invasione di patogeni secondari), collassano e marciscono. Sui tessuti affetti dal fungo, si forma anche un micelio bianco, che produce i caratteristici sclerozi, che sono masse di filamenti fungini, di colore e dimensione dei semi di senape, i quali possono sopravvivere nel substrato anche per anni. È perciò devastante se entra in una serra! Controllo: eliminare le parti infette, se limitate; altrimenti eliminare tutta le pianta. Sterilizzare poi vasi, bancali, etc con Ace al 10% o formalina. Si può provare ad imrnergere una pianta di particolare valore in qualche potente fungicida-germicida, tipo ortofenilfenato di sodio (Natriphene, negli USA), Iprodione o Chinosolo (8-idrossichinolin solfato) .
MACCHIE FOLIARI (possono avere numerose origini)
Agente: CERCOSPORA sp.
Sintomi: nella pagina inferiore foliare macchie giallastre, più tardi bruno-nerastre, con corrispondenti macchie giallo-verdi nella pagina superiore.
Controllo: eliminare le parti infette e spruzzare con Benlate e/o Mancozeb, in particolare nella pagina inferiore delle foglie.

Agente: SEPTORIA sp.
Sintomi: chiazze depresse e giallastre, che si fondono poi in lesioni più scure e che causano una prematura caduta foliare.
Controllo: spruzzare con Benlate o Mancozeb.

Agente: PHYLLOSTICTINA PYRIFORMIS Cash & Watson:
Sintomi: macchie foliari rotondeggianti, prima giallastre, poi scure.
Controllo: spruzzare con Benlate.

Agente: GUIGNARDIA sp.
Ospiti: Vanda, Ascocentrum e loro ibridi.
Sintomi: malattia descritta recentemente e caratterizzata da lesioni allungate, di color porpora, che corrono parallele alla direzione delle vene foliari, per coalescere in aree irregolari.
Controllo: sembra efficace il Benlate.
Osservazioni: Ho potuto osservare questa malattia in diverse Vanda o Ascocenda d’importazione thailandese.
RUGGINE
Agenti: SPHENOSPORA sp. e UREDO sp.
Ospiti: numerose orchidee
Sintomi: piccole pustole color arancio o ruggine sulle foglie; spesso si allargano in modo concentrico (aspetto a “bersaglio”); contengono le spore. Raramente è letale.
Controllo: rimuovere le foglie infette e spruzzare con Captano o Mancozeb o rame.
ANTRACNOSI EUROPEA
Agente: GLOEOSPORIUM AFFINE Sacc.
Ospiti: numerose orchidee.
Sintomi: pustole brune sui fiori ed aree circolari brune circondate da tessuto giallo-verde sulle foglie.
Queste aree poi si fondono uccidendo la foglia. Colpisce piante deboli.
Controllo: rimuovere le parti colpite, poi spruzzare con Benlate o Mancozeb.

MACCHIE DEI FIORI

Agente: BOTRYTIS CINEREA Pers.
nella fase sessuale è nota come Sclerotinia fuckeliana
Ospiti: in particolare Phalaenopsis; colpisce però anche Cattleya, Cymbidium, Dendrobium, etc.
Sintomi: piccole macchie circolari brune sui segmenti floreali; in particolare appare evidente sui fiori bianchi. La Botrytis è favorita da condizioni di umidità stagnante e basse temperature.
Controllo: distruggere i fiori infetti per evitare la diffusione delle spore e spruzzare con Benlate o Mancozeb.
Osservazioni: non usare il Captano, che può causare danni genetici ai fiori.
Altre Botrytis possono colpire le punte delle foglie dei Cymbidium con macchie che poi si fondono tra loro.
Prevenzione: è necessaria una buona ventilazione ed una buona igiene nell’area di coltivazione; controllare anche la temperatura e l’umidità notturna, in particolare durante la fioritura delle Phalaenopsis.
MUFFA BIANCA
Agente: PTYCHOGASTER sp.
Ospite: il substrato.
Sintomi: è un fungo saprofita non patogeno di per sè, ma il cui micelio invade il substrato, indebolendo la pianta a cui sottrae acqua e minerali; la pianta finisce per essere soffocata e disidratata.
Controllo: rinvasare la pianta dopo aver eliminato tutto il vecchio substrato ed averla immersa in un blando fungicida.

INFEZIONE SISTEMICA DA MICROFUNGHI

Agenti: molteplici microfunghi.
Ospiti: descritta finora su Phalaenopsis.
Sintomi: butteratura gialla o macchie necrotiche descritta recentemente da Miller e Griesbach (Gordon, 1988). Si presenta o come una clorosi screziata screziata che inizia al bordo della foglia e che ricorda una bruciatura, oppure come una colorazione rosso-bruna nel terzo apicale delle foglie inferiori, seguita da un aspetto deidratato e senescente e poi da collasso mesofillico dove profonde butterature diventano apparenti sulla superficie delle foglie (le butterature da virus sono bruno-nero, invece quelle da microfunghi sono bianco-fulvo).
Si tratta di una patologia su cui si discute ancora oggi, e di cui non è chiara la causa. L’ipotesi di un microfungo è la più attendibile perché l’associazione sperimentale di più fungicidi sistemici sembra bloccare la malattia. Marilyn Light ( 1995) però sostiene che le Phalaenopsis che presentano queste macchie giallastre, e che sono state da lei esaminate, non hanno né funghi né virus nel loro tessuto.
Controllo: trattandosi di una probabile infezione sistemica è inefficace qualsiasi trattamento a base dei tradizionali fungicidi topici. Baker suggerisce il seguente trattamento:
1° giorno: Ridomil + Bayleton (Triadimefon) come spray
2° giorno: Saprol (Triforine negli USA)
3° giorno dopo: ripetete il trattamento
6 mesi dopo: ripetete il trattamento.
Osservazioni: negli Stati Uniti sembra colpire in poco tempo intere collezioni di Phalaenopsis, con conseguente distruzione di tutte le piante infette. Appare prudente perciò, nel caso si sospettasse una infezione da microfunghi, isolare subito le piante infette e tentare un trattamento con fungicidi sistemici come sopra descritto.
È una nuova e grave malattia, di cui non si conosce ancora la distribuzione e la diffusione nel mondo.

Chiave di riconoscimento delle patologie più comuni delle orchidee

Al termine di questa breve rassegna propongo una mia chiave alla determinazione delle patologie più comuni delle orchidee.

1 Macchie foliari o floreali semplici: vedi n° 6
Danno foliare e/o sistemico più grave: vedi n° 2
2 Lento declino della pianta, con foglie e pseudobulbi raggrinziti e giallastri: vedi n° 3
Rapido declino: vedi n° 4.
3 Con aree porpora nel rizoma: FUSARIUM
senza aree porpora: RHIZOCTONIA.
4 Aree acquose: vedi n° 5
Aree non acquose giallo-crema poi brune, con micelio bianco e corpuscoli color senape: SCLEROTIUM
5 Aree acquose:
– bruno-porpora a rapido avanzamento: PYTHIUM o PHYTOPHTORA
– bruno più o meno scuro, particolarmente su foglie di Phalaenopsis o Cattleya: PSEUDOMONAS CATTLEYAE
– bruno-giallastre su foglie di Paphiopedilum: PSEUDOMONAS CYPRIPEDII oppure ERWINIA CYPRIPEDII
– bruno-nerastre con odore fetido: ERWINIA CAROTOVORA
6 Macchie foliari: vedi n° 7
Macchie floreali: BOTRYTIS
7 Macchie foliari:
– macchie giallo-bruno: CERCOSPORA, SEPTORIA, PHYLLOSIICTINA
– pustole color ruggine: SPHENOSPORA, UREDO
– pustole bruno-nere: GLOEOSPORIUM

 

I principali fungicidi attivi sulle patologie delle orchidee

Il riferimento a nomi commerciali è puramente indicativo, allo scopo di fornire alcune informazioni pratiche; questo non significa che non esistano altri prodotti simili con nomi commerciali diversi o altri prodotti altrettanto efficaci; nè significa che di tutti i prodotti sottomenzionati sia registrato il loro uso sulle orchidee. Ogni fitofarmaco deve essere utilizzato nella dose e per gli usi consentiti dal foglietto illustrativo che lo accompagna, per cui si declina ogni responsabilità per le conseguenze derivanti dal loro uso non conforme alle indicazioni registrate.
Benlate – metil-1(butilcarbamoil)-2-benzimidazol-carbamato (benomyl)
Si tratta di un carbamato, fungicida sistemico, che viene assorbito dalla pianta ed entra in circolo, uccidendo quindi anche le ife fungine penetrate nella pianta. Agisce per contatto, sulle spore e sui funghi superficiali, e per assorbimento foliare.
Non ha tossicità elevata: DL50=10.000 mg/kg
Il suo uso sulle orchidee è stato messo in crisi alcuni anni fà quando una partita di Benlate micronizzato è stata inquinata da un erbicida, col risultato di distruggere decine di migliaia di orchidee, e costringendo la Dow a risarcire milioni di dollari. Ancora oggi quasi tutti gli orchidofili hanno paura di usare il Benlate. In realtà la sua fitotossicità è molto bassa, e l’incidente sopra ricordato non era da ascriversi al Benlate stesso, ma ad un contaminante. Personalmente ho ripreso ad usarlo, essendo uno dei pochi fungicidi sistemici efficaci, in particolare sulle malattie causate da Fusarium e Septoria.
Dose: 0,8-1 gr/litro
È attivo in particolare su: Fusarium, Botrytis, Sclerotinia, Septoria e Gleosporium
Ridomil – metalaxyl
Si tratta di un fungicida benzenoide, ad azione sistemica.
È attivo soprattutto sui marciumi, cioè sulle patologie più pericolose per le orchidee, quelle dovute a Pythium e Phytophtora. Viene assorbito dalle foglie e dagli steli, da cui trasloca in tutta la pianta; non viene assorbito dal terreno.
La sua attività sembra durare almeno tre settimane. Se ne sconsiglia l’uso preventivo per più di tre volte all’anno.
Scarsa tossicità acuta:
DL50 orale: 669 mg / kg
dermica: 3100 mg / kg
Non sembra dotato di attività mutagena, teratogena, ed oncogena; ha anche scarsa tossicità cronica.
L’EPA americano indica che il metalaxyl ha scarsa azione tossica su specie acquatiche e terrestri, sia piante che animali.
È molto usato negli USA nei marciumi delle orchidee, col nome di Subdue.
Da noi è in commercio sia come monocomposto, sia già miscelato con rame (Ridomil R) che con mancozeb (Ridomil MZ).
Ritengo che molto vantaggiosa sia la formulazione con mancozeb, perchè viene associato un fungicida sistemico (Ridomil) ad un buon fungicida da contatto (Mancozeb), dando così un’ottima copertura contro le principali malattie fungine. La formulazione commerciale di Ridomil MZcontiene 8 % di Ridomil e 64% di Mancozeb e deve essere usata alla dose di 1.5-2 gr/litro.
Mancozeb (Dithane)
Si tratta di un comune fungicida da contatto, che agisce sulle spore e sul fungo presenti sulla superficie esterna dell’orchidea; ha quindi azione protettiva, eliminando il fungo prima che entri nelle cellule della pianta, più che azione curativa; non agisce infatti una volta che il fungo stesso è penetrato nella pianta.
Scarsa tossicità acuta: DL 50= 8000 mg/kg
Per quel che riguarda la tossicità cronica, ininfluente nella coltivazione delle orchidee, sono stati segnalati possibili effetti oncogeni dell’ETU, suo metabolita principale.
Dose: 2 gr/litro.
Può essere miscelato ad altri fungicidi, tipo Benlate e Ridomil.
E’ attivo su: Alternaria, Septoria, Ruggini di vario tipo, Fusarium
Captano – N-(triclorometiltio)cicloex-4-ene-1,2-dicarboximide
Fungicida da contatto, dotato di bassa tossicità acuta:
LD50: 7000 mg/kg, su ratti.
dose d’impiego: 2 gr/litro
Sembra privo di azione teratogena e mutagena, mentre potrebbe avere azione oncogena, per cui se ne sconsiglia cautelativamente l’eccessivo uso in prodotti destinati al consumo alimentare.
Inoltre è molto tossico per i pesci, mentre lo è poco per gli uccelli.
È attivo su Alternaria, Septoria, Antracnosi, Botrytis.
Non essendo dotato di azione sistemica, ha solo azione preventiva.

Prodotti rameici

Solfato di rame, o poltiglia bordolese:
poco usata, anche per la difficoltà di miscelarla in acqua.
Ossicloruro di rame:
dose: 3-5 gr/litro
Idrossido di rame (Kocide):
È stato sperimentato con successo sulle orchidee, in particolare sulle Phalaenopsis. Ha azione funcida e battericida da contatto, per cui ha più azione preventiva che curativa. Il suo deposito sulle foglie quindi impedisce alle spore fungine di penetrare nella pianta. È utile soprattutto nei mesi invernali, quando la bassa temperatura nella serra, unita all’umidità ambientale e alla riduzione delle difese della pianta dovuta alla minor luce, favorisce lo sviluppo di patologie fungine; durante l’inverno la sua eventuale applicazione, essendo solo preventiva, deve essere ripetuta almeno una volta la mese. Il suo uso scoraggia anche la presenza di lumache e limacce, che mal sopportano il rame.
Bisogna però ricordarsi che il rame, se ceduto troppo in fretta, ha effetto fitotossico, per cui è fondamentale che la soluzione con questo fungicida non abbia mai un pH acido; dovrebbe avere almeno un pH 7.5-8. Non mescolare quindi mai con fungicidi a reazione acida.

Prodotti non rameici

Terraclor – pentacloronitrobenzene (PCNB)
si tratta di un fungicida nitro-aromatico americano, molto attivo sui marciumi dei Paphiopedilum e non fitotossico per essi; è dotato di bassa tossicità acuta per l’uomo. Molto usato negli USA.
Aliette – (Phosethyl-Al)
Si tratta di un fungicida sistemico, caratterizzato da un’azione discendente, in quanto è assorbito dalle foglie e da lì migra verso le radici. È attivo soprattutto sui marciumi radicali, dovuti a Pythium e Phytophtora; ha un certa azione battericida e sembra stimolare le difese della pianta
dose: 2.5 gr/l
DL50: 8.150 mg/kg, molto bassa
Ha scarso effetto ambientale, in quanto i suoi prodotti di degradazione sono gli innocui acido fosforoso, alcool etilico ed acido acetico
Cannella
Negli ultimio anni è stato descritto l’uso della cannella in polvere come buon fungida-battericida, attivo soprattutto sui marciumi. Non ha alcuna azione fitotossica. Conviene bagnare la parte da trattare, affiché la polvere di cannellla vi possa aderire.

Precauzioni nell’uso dei fungicidi

I fungicidi di cui abbiamo parlato possono avere effetti tossici sull’uomo, sulle piante e sull’ambiente. Per quanto la loro dose letale ( DL50) sia abbastanza bassa, dobbiamo prendere sempre tutte le precauzioni per evitare effetti dannosi su di noi e sull’ambiente.
In particolare ricordarsi sempre di:
a tutela dell’uomo e dell’ambiente
1. leggere con attenzione le istruzioni allegate alla confezione del fungicida
2. usare sempre guanti protettivi, sia quando si prepara la soluzione che quando si irrora
3. usare sempre una protezione sul volto, in modo da non inalare il fungicida; se si usa un piccolo spruzzatore casalingo, basta un’economica mascherina di carta, se si usa invece un irroratore profesionale, che micronizza ad alta pressione, è meglio usare una maschera con filtro
4. usare, se possibile, occhiali protettivi, in particolare se l’ambiente è molto ventilato
5. conservare le confezioni contenenti il fungicida o le soluzioni già pronte in luoghi non raggiungibili da altre persone, in particolare da bambini, che potrebbero accidentalmente ingerirle.
6. non portare cibo o bevande nell’ambiente che verrà irrorato, perchè ne potrebbero risultare inquinate
7. smaltire sempre i contenitori vuoti e gli avanzi delle soluzioni in modo da non inquinare l’ambiente e da non risultare di pericolo per uomini od animali. Essendo rifiuti tossici e pericolosi vanno conferiti negli appositi raccoglitori, così da essere smaltiti in modo corretto.
a tutela delle nostre orchidee
1. non superare mai le dosi consigliate; aumentando la dose non miglioriamo l’azione fungicida, mentre aumentiamo di sicuro l’azione fitotossica. E’ possibile miscelare due sostanze, se compatibili; così facendo possiamo ridurre la dose di ogni singolo componente
2. accertarsi della compatibilità di eventuali miscele
3. usare sempre soluzioni fresche. Soluzioni vecchie potrebbero sia perdere efficacia sia aumentare l’azione fitotossica. Il Benlate, ad esempio, andrebbe usato entro otto ore dalla sua preparazione.
4. non eseguire trattamenti troppo ravvicinati ( effetto sommatorio del fungicida) o quando la temperatura ambiente è troppo elevata
5. tenere lo spray ad almeno 30-40 cm dalla pianta, in modo che questa venga nebulizzata bene e completamente.

Per quanto riguarda gli effetti legati alla tossicità cronica dei pesticidi, essendo noi di sicuro orchidofili attenti e scrupolosi, che affidano la prevenzione delle malattie ad una buona igiene culturale ed ad una buona ventilazione e non ad un uso indiscriminato di fungicidi, ritengo che il rischio di tossicità cronica sia del tutto trascurabile, in quanto l’applicazione dei fungicidi viene ad essere assolutamente sporadica e mirata.

Malattie batteriche

Le orchidee possono essere colpite anche da malattie batteriche, che spesso risultano letali. In particolare le Phalaenopsis possono essere colpite da alcune enterobacteriaceae (Pseudomonas, etc) che prosperano in ambiente umido, ad esempio in acqua ristagnante sulla foglia o nella corona, e che appaiono sulle foglie sotto forma di lesione scura, bollosa, acquosa, che rapidamente si propaga al colletto, con rapida morte della pianta. Questi batteri possono colpire anche i vasi comunitari con i seedlings, portando ad una loro rapidissima morte.
Le più comuni malattie batteriche sono dovute a:
Pseudomonas cattleyae
Colpisce soprattutto le Phalaenopsis, ma può colpire anche le altre orchidee.
Inizia come una lesione acquosa, che rapidamente diventa bruno-nerastra, e che, se non controllata, arriva nella corona, con perdita della pianta. L’essudato acquoso della lesione contiene i batteri, per cui bisogna evitare che questo essuadato contamini altre piante o gli strumenti usati in serra.
Sono stati proposti diversi metodi di cura, compreso l’infiltrazione della zona infetta con antibiotici usando una siringa da insulina. Probabilmente il metodo più efficace consiste nel tagliare la parte di foglia affetta dall’infezione un po’ sotto la lesione, usando una lama sterile; cospargere poi la ferita foliare con zolfo o rame. Per precauzione si può poi anche spruzzare la pianta con un antibiotico, ad esempio gentamicina o eritrocimicina. Ricordarsi che lo Pseudomonas è spesso resistente a molti antibiotici, in particolare alle penicilline.
Altri Pseudomonas che possono colpire le orchidee sono: Pseudomonas aeruginosa, Pseudomonas andropogonis, Pseudomonas cypripedii e Pseudomonas fluorescens.
Erwinia cypripedii
Colpisce soprattutto Paphiopedilum e Cypripedium, ma può colpire anche Phalaenopsis, Phragmipedium, Miltonia, etc.
Si presenta come macchiolina acquosa, rotondeggiante, di colore dal bruno chiaro al bruno scuro. Queste macchie si allargano progressivamente, raggiungendo la parte centrale e basale della pianta, e provocandone la morte; quello che rimane è una pianta rinsecchita, con ampie aree marroni.
Si può tentare la cura usando un antibiotico, oppure, se l’infezione non è molto estesa, cospargendo la zona malata con zolfo. Buona norma è quella di eliminare comunque sempre la zona affetta con una lama sterile.
Erwinia carotovora
Questi batteri entrano nella pianta attraverso piccole ferite, o in piante deboli, che quindi hanno una parete più facilmente aggredibile. Può colpire le foglie, ma soprattutto colpisce gli pseudobulbi. Provoca un tipico marciume acquoso, dall’odore fetido. Bisogna al più presto tagliare via ed eliminare la parte affetta, e cospargere la ferita di zolfo; è consigliabile, se possibile, dopo l’intervento “chirurgico” immergere per alcune ore la pianta in una soluzione contenente antibiotico ( gentamicina e/o tetraciclina).
In conclusione, le infezioni batteriche sono purtroppo devastanti e molto comuni. Portano a morte la pianta in breve tempo. Si caratterizzano da lesioni acquose, spesso fetide. L’intervento deve essere molto tempestivo, e consiste nell’eliminare drasticamente la parte malata e nel disinfettare la ferita risultante con zolfo. Si può immergere la pianta in una soluzione di antibiotico o spruzzare con questa soluzione tutta la pianta. Disinfettare anche l’area di coltivazione, in quanto questi batteri potrebbero aver contaminato la zona circostante; si può usare a questo fine una soluzione diluita di ACE ( 1:20). Prevenzione: evitare i ristagni d’acqua, aumentare la ventilazione e mantenere la massima igiene nell’ambiente di coltura..

Malattie virali

Le orchidee possono essere colpite anche da patologie virali.
I virus più comuni sono:
Virus mosaico del Cymbidium (CyMV)
Virus mosaico del tabacco (TMV-O)
Virus mosaico giallo del fagiolo (BYMV)
I sintomi presentati da una pianta colpita da virosi sono i più svariati (striscie o macchie gialle o scure, cambiamenti nel colore delle foglie o nei fiori, etc), e spesso non specifici di una patologia virale. Varie condizioni dovute a cattiva coltivazione possono produrre dei sintomi identici a quelli prodotti dai virus. Solo un laboratorio di fitopatologia può identificare con sicurezza la presenza o meno di un virus nella pianta malata.
Come comportarsi in presenza di una pianta in cui si sospetti la presenza di un virus?
Se la pianta è di scarso valore, conviene eliminarla. Se invece la pianta è di nostro interesse, conviene isolarla dalle altre, per evitare il rischio di contagio; disinfettare assolutamente tutti gli strumenti usati su questa pianta; trattare la pianta ripetutamante con fungicidi sistemici e migliorare le sue condizioni di coltivazione. Nel dubbio di trovarsi davanti ad un virus, conviene trattare la pianta a più riprese con alcuni fungicidi sistemici, dopo averla isolata: se non si tratta di un virus, le foglie e gli pseudobulbi che si svilupperanno negli anni successivi saranne esenti dalle macchie simil-virali; se invece si tratta di virus, queste macchie ricompariranno in modo sistematico. Se si tratta di pianta preziosa, anche se virata, si può tentare di coltivarla, con tutte le precauzioni del caso. Si può arrivare anche a riprodurla, usando solo semi maturi, che di norma non sono colpiti dal virus (non usare invece i semi immaturi, che potrebbero contenere il virus). Ricordare che la riproduzione meristematica propaga con facilità il virus; purtroppo esistono premiati cloni di orchidee, riprodotti per meristema, e tutti colpiti da virus!!
Poiché allo stato attuale non esiste nessuna cura contro i virus, per evitare la diffusione di virus nella propria collezione, bisogna sempre sterilizzare gli strumenti che si usano in serra ( forbici, bisturi, lame, etc), o passandoli sulla fiamma ( questo è il metodo più antico, ma sempre il migliore), magari avendo prima immerso la lama in soluzione alcoolica, oppure immergendoli in soluzioni disinfettanti, ad es. Cepacol blu, che non corrode il metallo, o ACE, che però può corrodere il metallo. Nel caso si usasse l’ACE, al fine di ridurre la corrosione, questo và rapidamente neutralizzato dopo l’uso; a questo proposito l’Università di California a Riverside consiglia:
immergere lo strumento per 2 secondi in una soluzione fresca costituita da:
1 parte di ACE
5 parti di acqua
immergere immediatamente dopo in una soluzione neutralizzante costituita da:
1 parte di aceto
5 parti d’acqua
1 cucchiaino di olio, che aiuta a lubrificare lo strumento
Bisogna inoltre evitare la presenza in serra di afidi o altri insetti succhiatori, che potrebbero trasmettere la virosi da una pianta all’altra.

 

malattie orchidee