Operazioni per rinvasare una orchidea e composti utilizzati
© Luigi Cesi – 1990 – rev. 1996
Argomenti
- Quando si deve rinvasare un’orchidea?
- Composti utilizzati
- Come effettuare il rinvaso
- Trattamenti dopo il rinvaso
Quando si deve rinvasare un’orchidea?
Di solito sono due i motivi che ci inducono a rinvasare una orchidea, il primo quando il composto si è molto deteriorato, l’altro quando la formazione annuale degli apici vegetativi (pseudobulbi) avrà raggiunto o oltrepassato il bordo del vaso.
L’epoca migliore per eseguirla sarà alla fine del periodo di riposo, quando le nuove radici cominciano a spuntare. Dopo che le radici avranno raggiunto qualche centimetro di lunghezza sarà invece meglio rinviare l’operazione perché si romperebbero facilmente, con grave danno per la nuova vegetazione. In linea di massima si può dire che il periodo migliore per il rinvaso delle orchidee va dal mese di marzo a fine giugno.
Composti utilizzati
Per la rinvasatura più tradizionale, con osmunda e sfagno, occorre aver pronti vasi porosi in terracotta, non molto alti ed abbastanza larghi, possibilmente nuovi o perfettamente lavati e disinfettati, se usati; inoltre cocci di vasi rotti, anch’essi puliti e disinfettati, che serviranno per il drenaggio; infine il composto necessario.
Questo composto sarà formato per due terzi da radici di osmunda tagliate alla lunghezza di 3-4 centimetri, e per un terzo di sfagno fresco.
Le radici di osmunda saranno lavate e fatte scolare dall’acqua, e lo sfagno ben pulito di tutte le impurità che potrebbero esservi mescolate. Questo composto è adatto per Cattleya,Odontoglossum, Vanda, Dendrobium, Oncidium e Phalaenopsis.
Per Paphiopedilum e Cymbidium si aggiungeranno al composto anche foglie secche di faggio sminuzzate nelle seguenti proporzioni: due parti di osmunda, una parte di sfagno e una di foglie.
Questi ingredienti saranno mescolati convenientemente e leggermente inumiditi, e soprattutto mai preparati prima di tre o quattro ore dal momento in cui si debbono adoperare.
Per la rinvasatura con composto già preparato (corteccia di pino, o bark, ben stagionata, torba in pezzi, polistirolo ed altri additivi) si possono impiegare i vasi di plastica nelle varie misure a seconda delle esigenze del rinvaso, e per drenaggio si adopererà del polistirolo in piccoli pezzi che si preparano all’occorrenza.
Come effettuare il rinvaso
La pianta che si deve rinvasare sarà tolta dal vaso, sbarazzata del vecchio composto e delle radici morte; si taglieranno pure le radici buone per qualche centimetro di lunghezza, lasciandovi aderire un po’ del composto vecchio (se in osmunda) e si asporteranno gli pseudobulbi più vecchi lasciandone alla pianta non meno di quattro. Se si tratta invece di una pianta a sviluppo monopodiale (come le Vanda), si asporterà la parte più vecchia del fusto soltanto se si possono lasciare al di sopra della sezione cinque o sei buone radici.
Durante tutte queste operazioni si farà attenzione a non ferire le nuove radici ed i germogli latenti. Il nuovo vaso sarà riempito per un terzo di cocci (se in osmunda) o di polistirolo (se in vaso di plastica), ricoperti da uno strato di composto; si appoggerà la parte sezionata della pianta contro una parete del vaso, se si tratta di una pianta con rizoma che si allunga da un lato solo con la formazione annuale degli pseudobulbi, oppure nel centro del vaso se si tratta di piante monopodiali o con linee di crescita opposte.
Mantenendo la pianta nella posizione voluta si riempirà il vaso col composto pressandolo convenientemente in modo da renderlo sufficientemente compatto e nello stesso tempo permeabile.
Per calcolare la grandezza giusta del vaso occorre tenere presente che la parte della pianta che cresce deve arrivare verso i due terzi del diametro del vaso, avendo in questo modo durante due o tre anni lo spazio necessario per la formazione dei nuovi pseudobulbi.
Il vaso va riempito fino a un centimetro dal bordo e la superficie del composto deve avere una forma leggermente convessa, in modo che l’acqua dell’annaffiatura scorra su di essa e scenda lungo le pareti del vaso evitando che la parte centrale del composto sia troppo bagnata.
Tutti gli anni, salvo quello in cui la pianta è stata rinvasata, durante il periodo di riposo, è necessario togliere la parte superficiale del composto e rimpiazzarlo per lo spessore di un centimetro con del composto nuovo, intercalandolo tra le radici e riempiendo le cavità che si fossero prodotte (nel caso di piante invasate in osmunda).
Un tutore fissato nel centro del vaso servirà per mantenere gli pseudobulbi in posizione verticale mediante legatura di rafia.
Trattamenti dopo il rinvaso
Le piante rinvasate hanno bisogno di cure speciali.
L’ombreggiatura sarà più forte, l’aria della serra più umida e l’areazione più debole.
Non si innaffieranno le piante; per bagnarle occorre aspettare che le nuove radici abbiano raggiunto il composto e che le vecchie radici tagliate siano cicatrizzate. Quando le radici cominceranno a penetrare nel composto si comincerà a spruzzare leggermente la pianta in modo da bagnare solo la parte superficiale del composto.
Si riprenderanno le cure normali alle piante solo quando le radici avranno raggiunto le pareti del vaso.
Le piante terrestri (Paphiopedilum e Cymbidium) hanno bisogno di essere spruzzate più frequentemente delle epifite perché sopportano meno bene la siccità.